La diversificazione delle fonti di traffico
Andiamo a vedere in questo articolo uno degli errori classici commesso da chi si lancia nei business online, qualunque esso sia: la mancata diversificazione delle fonti.
Prima di arrivare al consiglio vero e proprio contenuto un questo articolo, andiamo a fare qualche esempio che va ad avvalorare le considerazioni finali sulla mancata diversificazione delle fonti.
Come comportarsi a proposito della diversificazione delle fonti?
E’ un errore grave rimanere con una sola, vera, fonte di traffico.
Parleremo benché brevemente, di:
- Altavista: il motore di ricerca migliore al mondo prima dell’esplosione di Google.
- Google Plus: un social network tra i più importanti, oramai dismesso.
- Facebook: Non credo servano presentazioni.
Altavista
C’è stato un tempo, molti anni fa, quando internet era una roba per pochi e le connessioni erano lente ma costose, in cui Google non c’era.
Ebbene si, non esisteva, ed il “Google” dell’epoca era un motore di ricerca di nome Altavista.
Come oggi Google, anche all’ora Altavista era di gran lunga il motore di ricerca più adoperato.
Se qualcuno avesse dichiarato una cosa del tipo:
“tra pochi anni Altavista diventerà inutile e, superato dalla concorrenza chiuderà mestamente”
Questa persona sarebbe stata nella migliore delle ipotesi insultata.
Ed invece cosi è stato… avrebbe avuto ragione da vendere.
All’improvviso arriva Google che porta un concetto nuovo nei criteri di ricerca: se un sito è autorevole viene citato (link) in continuazione da altri siti.
Mettendo questo concetto al servizio delle ricerche, riesce effettivamente a tirar fuori dei risultati più utilizzabili rispetto ad Altavista e in pochissimo tempo è diventato il motore di ricerca numero uno.
Successivamente, grazie al magnate Microsoft, Bill Gates, il quale spostò l’attenzione anche sui contenuti, venne data anche a questi, da parte di Google, grande importanza.
Ma tutto questo quando già Altavista era già uno sbiadito ricordo.
Quindi, riassumendo, molte persone avevano identificato Altavista con il motore di Ricerca da studiare e cavalcare per arrivare ai clienti ma, all’improvviso, il progetto gli saltò in mano.
Quando arrivò Google dovettero in sostanza ripartire da zero ed adattarsi ad un nuovo modo di lavorare.
Google Plus
Nell’epoca dei social network, quando tutto il mondo è diventato social, anche Google ha voluto dire la sua nel settore.
E’ quindi nato Google+, il social targato Google ed a cui tutti i fruitori degli altri servizi del colosso avevano accesso.
Va detto, non era nemmeno male come social, non aveva criticità evidenti a parte dei bug di sicurezza che emersero in seguito.
Inoltre era quasi d’obbligo avere una pagina aziendale su Google plus.
Perché?
Questo credo sia ovvio… come pensate poteva indicizzarsi e posizionarsi una pagina Google… su Google?
Esatto, si posizionava che era un piacere.
Quindi molte aziende destinarono a questo servizio tempo e risorse, vedendo che non era una cattiva idea farlo.
Un giorno però, come saprete, venne annunciato da li a poco la chiusura al pubblico del social un po perché usato meno di quello che si sperava, un po per problemi di sicurezza.
Rimase online soltanto una parte, relativa a dei servizi in cloud di Google, ma di fatto il 2019 G+ è stato chiuso.
Ora, come nel caso di Altavista, immaginate quanto questa cosa abbia fatto piacere a chi ai tempi decise, in ottica aziendale, di poggiarsi su G+, sia come social sia come stampella per l’indicizzazione sul motore di ricerca.
In buona sostanza si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano.
E veniamo ai giorni nostri, nel senso che parliamo di un servizio, Facebook , ancora attivo ed in salute.
O meglio… apparentemente in salute.
In effetti, dopo aver stravolto il mondo di internet ed aver fatto da apripista a decine di social network diversi tutti più o meno a lui inspirati, sembra in una fase di calo.
Facciamo mente locale, pensiamo a cinque anni fa come era lo stato delle cose.
Nonostante già fosse nata l’attuale concorrenza, Facebook era il re incontrastato, non essere presente nelle pagine del social per un’azienda era come non esistere.
Invece oggi la situazione è molto più ingarbugliata, essendoci dei competitors molto forti.
Ad esempio Instagram (cugino di Facebook) oramai ha numeri impressionanti, Youtube è il social di riferimento per una montagna di persone, ecc.
Addirittura i giovani hanno completamente abbandonato Facebook per puntare su altri social, quali ad esempio TikTok.
Anche le aziende hanno iniziato ad allontanarsi dopo che, via via, Facebook ha dato sempre meno visibilità organica alle pagine… pagine tra l’altro pagate a carissimo prezzo in anni di investimenti.
Insomma, quella che fino a qualche anno fa sembrava una posizione di dominio oggi sembra proprio non esserlo più.
E, mettiamo caso, se decidete di investire pesantemente sulla vostra presenza su Facebook?
Potete farlo, ovviamente nessuno ve lo impedisce, ma sapete già che prima o poi potreste pagare questa scelta.
Perché è possibile che da qui a qualche anno Facebook sarà un social network in decadimento.
Quindi investirci migliaia di ore di lavoro e grandi somme di denaro ha senso?
Non esiste una risposta certa a questa domanda, ma G+, Altavista e tanti altri esempi suggeriscono quanto meno di valutare con molta attenzione.
Conclusione: diversificazione delle fonti
Come abbiamo visto, affidarsi completamente a un servizio online può essere un grande problema se poi questo inizia a perdere i colpi.
La diversificazione delle fonti, in teoria vi mette al riparo da bruttissime sorprese.
Facciamo due esempi pratici.
- Azienda A: SEO massivo, presenza PRO su Facebook, Instagram e Pinterest.
- Azienda B: presenza PRO su Facebook.
SE un giorno Facebook dovesse chiudere, l’azienda A potrebbe andare in sofferenza ma sopravvivere, mentre per la B sarebbe morte certa.
Lo so, sembra un esempio sciocco ma non avete idea di quante realtà aziendali tendono ad accasciarsi su una ed una sola fonte di traffico.
Che questa sia Facebook, il SEO, banner su siti di settore o altro non importa.
L’unica cosa importante è che in un caso del genere, non avendo una strategia che contempla la gestione della perdita della fonte, l’azienda vive sul filo del rasoio.
Perché da un giorno all’altro potete andare indigesti a Google (esempio classico è che venite infettati da un virus che inizia a lanciare spam) o perdere il social.
Il consiglio quindi è: la diversificazione delle fonti è una priorità assoluta.